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Pm: freno manomesso consapevolmente per evitare disservizi

Freni manomessi e particolari con modus operandi consolidati da tempo, è l’ANSA ad aver cercato di togliere ogni dubbio sull’accaduto.

Lo hanno “ammesso” le tre persone fermate nella notte per l’incidente alla funivia del Mottarone. Lo ha affermato il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani.

Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso“, dice l’ufficiale dell’Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai Tre. “C’erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la ‘forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione”.

La svolta è arrivata quasi all’alba, dopo una notte di interrogatori serrati e, a tratti, anche tesi e drammatici. A tre giorni dalla tragedia del Mottarone, il crollo della cabina della funivia in cui sono morte quattordici persone, tra cui due bimbi, ci sono tre fermati. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio. 

A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con la pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, in seguito all’analisi della cabina precipitata e agli interrogatori. Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell’impianto convocati nella caserma dell’Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri. Persone informate sui fatti, in un primo momento, ma già ieri sera, con l’arrivo dei primi avvocati, è stato chiaro che la posizione di alcuni di loro era cambiata. Dopo mezzanotte è arrivato anche Nerini, raggiunto in seguito anche dal suo difensore, l’avvocato Pasquale Pantano.

Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce “un quadro fortemente indiziario”. L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”.

Per gli inquirenti, il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso. Un “gesto materialmente consapevole”, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che da quando aveva ripreso servizio, presentava “anomalie”.

Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone “era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi“, precisa il procuratore Olimpia Bossi.

Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati “richiesti ed effettuati”, uno il 3 maggio, ma “non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare”. Così, “nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l’esito fatale”, sottolinea il magistrato, che parla di “uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti”.

Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l’intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti “valutare eventuali posizioni di altre persone”. “Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte – conclude il procuratore lasciando la caserma -. Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito”, conclude parlando di “un quadro fortemente indiziario” nei confronti dei fermati. Persone che avevano, “dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni”. E che, secondo gli sviluppi dell’inchiesta, non l’hanno fatto.

Come funziona il freno d’emergenza di una funivia 

Ieri nell’inchiesta sono finiti anche tutti i video delle telecamere del sistema di sorveglianza della struttura finita sotto sequestro, anche relativi ai giorni precedenti alla caduta della cabinovia. Nelle immagini a bassa definizione si vede anche l’ultima corsa verso l’alto interrotta a pochi metri dalla vetta quando si è spezzato il cavo trainante e la cabinovia ha ‘scarrellato’ verso il basso a velocità crescente dato che il sistema frenante di sicurezza non è entrato in funzione impedendo alla cabina di restare ancorata ai due cavi portanti.Oltre ai video di domenica, la procura ha deciso di sequestrare anche i filmati dei giorni prima per capire se si sia verificata qualche anomalia che possa spiegare l’incidente.

Freno manomesso

Il freno d’emergenza di una funivia sono il dispositivo di sicurezza più importante di qualunque altro in ogni mezzo che si muova sulle ruote. Si trovano ovunque in questo tipo di impianti, così come sugli ascensori. Che cosa li ha mandati in tilt? I racconti dei vecchi manovratori o quelli del personale di bordo, che un tempo viaggiava sui vagoncini, vanno tutti nella direzione di suggerire una questione. Che tira i ballo il motore che fa girare tutto l’impianto.

Solo con uno stop improvviso del motore «magari si è inchiodato» potrebbe spiegare la rottura del cavo. Ma è soltanto una ipotesi. Ed uno degli elementi che dovranno prendere in considerazione i periti, quando finalmente potranno controllare ogni singola parte della cabina, della sala di controllo, ispezionando i cavi, motori, e freni.