La musica country ha sempre incontrato i miei gusti.
Non certo nella sua forma più edulcorata e patinata ricadente nello stereotipo imposto dallo showbiz, ma
in quella più legata al folk, al western, alla cosiddetta corrente outlaw, ad un certo gusto rock, senza
disdegnare le incursioni bluegrass.
Mai e poi mai però, conoscendone i trascorsi musicali, avrei immaginato di ritrovare questo genere in un
disco di KingDom, al secolo Domenico Rossi.
Attivo dagli anni ’90 a Messina in gruppi quali “Cuori Selvaggi” (Rock – New Wave con colori folk) ed
“Erezione Libera” (Rock Crossover Demenziale), e successivamente con altri quali “The Airwalkers” (Punk
Rock), “The Asteroids” (Surf Garage Rock’n’Roll) o i fiorentini “Barmudas” (Glam Punk), lo ritenevo
lontanissimo da questo mondo, pur sapendo che tra i suoi gusti musicali c’era un’ampia fetta della musica
proveniente dagli anni ’60 e ’70.
Così sono rimasto molto sorpreso quando mi sono imbattuto in questo mini album composto da 6 pezzi di
puro e piacevolissimo country, peraltro molto ben suonato (ma che ci sapesse fare con gli strumenti lo
sapevo già…).
Un gran bel lavoro, circa 20 minuti di grande intrattenimento, nei quali si percepisce anche il livello di
divertimento suo e dei musicisti che hanno collaborato ai singoli pezzi.
Canzoni nate e registrate, appunto, per puro divertimento e non per essere pubblicate o vendute, ma poi
durante il Lockdown qualcosa si doveva pur fare per passare il tempo, ed allora eccone spiegata la
pubblicazione.
“Got lost in the countryside”, questo il titolo dell’album, si apre con “It Rains”, una classica ballata western
scritta da Mark Barba Pacheco, con tanto di fischio, oltre alla slide di Alessio Caspanello e all’organo
suonato dallo stesso Kingdom, che mette subito le cose in chiaro su cosa aspettarsi dai prossimi venti
minuti.
“I get what i got” si presenta già più mossa, con in evidenza il piano di Gioacchino Russo a caratterizzare il
pezzo, quasi Honky-Tonk, e le chitarre a fare la loro parte.
“Sunny side of the site” è puro bluegrass, fanno la loro comparsa banjo (Fratello Kraus), mandolino
americano (Alessandro Innocenti) e violino (Miss Gozzilla) e l’aria si surriscalda.
“Goodbye to my mind” mantiene il livello di divertimento, con atmosfere rock-blues-swing e gli unici versi
in italiano dell’album, tappeto di chitarre e organo che interviene al momento giusto, e con Kingdom a
suonare tutti gli strumenti.
“Not in nottingham” è proprio il classico di Roger Miller, dal cartone animato Disney “Robin Hood”,
strumentazione più scarna per una ballata western con armonica e doppia voce, e l’aggiunta di una strofa
scritta da Kingdom insieme a Mark Barba Pacheco.
Chiude “You’ll be mine”, banjo (Mark e Kraus) e steel guitar (Jack the Ripper Jr) in evidenza.
Ove non citati, tutti gli strumenti nei singoli brani sono suonati dallo stesso Kingdom.
La genesi naturale dei pezzi assicura all’intero pacchetto quella spontaneità spesso assente in produzioni
più strutturate, e rende questo lavoro assolutamente godibile ed apprezzabile, e non solo dagli estimatori
del genere, ma da chiunque ami la buona musica.
Rino Bonina