Di Ismete Selmanaj Leba

30/09/2019

Si sta parlando molto negli ultimi giorni del cosiddetto ius culturae, ovvero della proposta di legge la quale prevede che possa ottenere la cittadinanza italiana un bambino nato regolarmente in Italia o entrato nel nostro Paese entro il dodicesimo anno di età e, che abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli di studio. Cioè, percorsi di formazione professionale.

Vorrei condividere con voi la storia di Said, un ragazzo di origini egiziane, arrivato in Italia quando ne aveva un anno e mezzo.

Trovate la sua storia tra le pagine del romanzo “Due volte stranieri”

“Mi chiamo Said e ho appena compiuto 18 anni. Una settimana fa ho finito il quarto anno di liceo con ottimi risultati. Mi rimane l’ultimo anno e poi vorrei iscrivermi all’Università. Il mio sogno è diventare medico. Temo che questo sogno rimarrà irrealizzato. Sono arrivato in Italia con i miei genitori dall’Egitto nel 1988, quando avevo solo un anno e mezzo. I miei genitori hanno lavorato duramente per assicurare una vita dignitosa a me e alle mie due sorelle che nacquero dopo in Italia. Mio padre lavora come muratore e la mamma pulisce gli uffici e le scale. Per i primi quattro anni hanno lavorato in nero perché erano clandestini. Per ottenere il permesso di soggiorno sono stati costretti a pagare loro i contributi che invece dovevano pagare i datori del lavoro. Sono andato sempre molto bene a scuola e i miei genitori sono felicissimi del mio desiderio di andare all’Università. Dopo dieci anni di residenza in Italia, quest’anno i miei genitori hanno fatto la domanda per ottenere la cittadinanza italiana. Dal momento in cui viene presentata la domanda, dovrebbero trascorrere almeno due anni per ottenerla. Raramente si rispetta il tempo di due anni e ne trascorrono tre o più. Come minorenni, io e le mie sorelle risultavamo parte del permesso di soggiorno dei genitori. Secondo la legge, le mie sorelle che sono nate in Italia, al compimento dei diciott’anni acquisiscono automaticamente la cittadinanza italiana. Possono acquisirla anche prima, se i nostri genitori diventano cittadini italiani entro due anni. Per me la situazione è più complicata perché non sono nato in Italia e ora sono in età adulta. Se non mi munisco del permesso di soggiorno personale, sarei illegale e clandestino! Per ottenere il permesso dovrei lavorare e avere un regolare contratto di lavoro. Come posso continuare la scuola se devo andare a lavorare? Se non avrò a breve la documentazione necessaria, potrebbero rimandarmi nel mio paese d’origine, in Egitto! Mi sento davvero “due volte straniero!” Amo l’Egitto, è il paese dove sono nato, dove sono nati e cresciuti i miei genitori, le mie radici. Il sangue che scorre nelle mie vene è egiziano. Ma l’Italia è il mio paese, sono cresciuto qui, qui ho detto le prime parole, ho fatto i primi passi. Per questo paese mi emoziono e il cuore mi batte forte davanti al tricolore, la mia lingua madre è l’italiano, i miei migliori amici sono qui. Non voglio credere che esista questo handicap burocratico! Durante i quattro anni di liceo non sono potuto andare nei viaggi d’istruzione organizzati dalla scuola in Svizzera e in Inghilterra. Sono un extracomunitario e devo chiedere un visto per entrare in questi due paesi. Era un processo burocratico che richiedeva tempo e un contributo finanziario che era oltre le nostre possibilità. Io e i miei genitori siamo disperati e senza alcun supporto. La scuola inizia a settembre e non so se riuscirò a sedermi nel mio banco”