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Un altro album di autentica “Americana”, di quella nuda e cruda, che trasuda purezza e, a tratti, malinconia.

Un filone musicale nel quale si potrebbero citare centinaia di band o solisti, ma che spesso riserva sorprese che riescono a stupire per qualità ed originalità, come in questo caso.

The Lowest Pair è un duo, composto da Kendl Winter e Palmer T. Lee.

Se proprio devo fare dei nomi da tenere a paragone, per atmosfere potrebbero avvicinarsi ai Cowboy Junkies, risultando però un po’ meno cupi e più tradizionali, palesandosi tuttavia al tempo stesso moderni e freschi.

Entrambi ottimi ed innovativi suonatori di banjo, nel disco suonano anche le chitarre e cantano, armonizzando e fondendo le proprie voci alla perfezione, in modo da risultare chirurgici e funzionali al mood dei singoli pezzi. La voce di lei è molto particolare, direi quasi infantile, ed a tratti può ricordare quella di Victoria Williams.

Le atmosfere, a volte rarefatte, altre più “concrete”, rimangono sempre in bilico tra malinconia ed aperture che infondono serenità, fino a schiudersi completamente nel finale dell’album, con gli ultimi brani che si incanalano verso un country (o country-rock) più classico.

Oltre ai citati strumenti, poche aggiunte, come mandolino, pedal steel, un tocco di mellotron e davvero poco altro, per un risultato che mette in evidenza la purezza dei suoni e, come un ossimoro, la sofisticata semplicità degli arrangiamenti.

Non sono al loro primo lavoro, anzi, hanno già all’attivo alcuni album oltre a rispettive esperienze come solisti, ma probabilmente qui toccano l’apice, sinora, della loro produzione.

Non entro nel merito dei singoli brani, perché davvero tutti meritano di essere ascoltati, ma “Wild Animals” e “We Are Bleeding” li trovo una spanna sopra gli altri, senza che “Too Late Babe” e gli altri brani dell’album sfigurino, comunque.

Un raggio di sole nell’oscurità dei mesi trascorsi nel pieno dell’incubo pandemico, una delle migliori cose, finora, di questo 2020 (a parte ovviamente lo tsunami del 19 giugno, con la contemporanea uscita degli album di Bob Dylan e Neil Young…).

Rino Bonina